Antica Osteria Magenes
Punteggio: 5 / 5
Prezzo (escluso bevande): 55 / 90,00 euro cad.
Specialità consigliate
Ebbene si, lo confesso anch’io a volte ho dei pregiudizi dettati da stupide convinzioni, di cosa sto parlando?
Ora ve lo spiego…
Qualche settimana fa in balia dell’imminente arrivo del Natale mi sono convinto ad andare a Milano per varie commissioni, così ne ho approfittato per cercare qualcosa di diverso fuori dalla caotica città, volevo un locale della provincia, non della metropoli. L’idea era quella di scandagliare qualche zona e trovarvi una perla, ma ero molto indeciso, per fortuna in aiuto mi arriva una voce su un locale a 10 minuti dal centro città dove si mangia veramente bene.
Così mi sono detto, vediamo…
Ero titubante, cercavo qualcosa che mi stupisse, ero in quella fase “vorrei ma non so dove!“ La mia preoccupazione come sempre era di andare in un posto e poi non vedere appieno soddisfatte le aspettative, ero preoccupato e convinto del fatto che in un paesino così piccolo, dove il nome Osteria è sinonimo di classicità non si potesse trovare qualcosa di veramente particolare.
Beh, stupido io! Mi sbagliavo e di gran lunga anche.
Sono stato a Barate di Gaggiano nel milanese a provare i piatti della famiglia Magenes, che ho scoperto poi, essere una storica famiglia di origini calabresi che da più di 40 anni gestisce il locale. Famosa per la sua tradizione, con il classico risotto giallo, la cotoletta, l’ossobuco e la trippa, ora affiancata da una parte più contemporanea e alternativa con l’arrivo in cucina del figlio Dario.
Sceso dall’auto il silenzio regna. Si respira aria di tranquillità. Esteticamente e poi anche entrando ha tutta l’aria appunto di un’osteria anche se in veste più raffinata. Divisa in 3 sale, mi accomodo nel dehor chiuso dall’ampia vetrata che dà sul giardino. La parte rustica del locale data dal tetto a travi in legno e dagli elementi di arredo è spezzato dalla vivacità del colore acceso delle pareti. Foto in bianco e nero e quadri completano uno stile elegante – familiare.
Inizio a leggere il menù e come detto vedo piatti classici ma anche portate molto moderne con accostamenti strani. Nonostante la mia voglia di provare il loro famoso “Risotto Milano 2010” vincitore del premio miglior risotto alla milanese, sono incuriosito dalle stranezze nel menù e mi butto su questi. D’altronde stavo cercando un po di stranezza no?
Così mi lascio rapire dai piatti più particolari dello chef Dario, mentre il fratello Diego, in sala, mi accompagna in questa scalata curiosa consigliandomi un buon calice di vino. In attesa delle prime portate iniziamo molto bene con l’entrèe, piccole chiccherie di bontà: Finta oliva con ripieno di tartare di vitello, Tapioca soffiata allo zafferano, Pasta kataifi con soffritto di pomodoro e limone caramellato, Ravanelli in salamoia con katsuobushi, Tortello ripieno di rapa con zucchine alla scapece, Finocchi con salsa tartara e sesamo tostati.
Seguono gli antipasti e si inizia a giocare.
“Gnocchi di limoncina, ripieni di ricotta, su bisque con gamberi rossi e mandorle” e “Pappa al pomodoro dolce e salata, ricci di mare, parmigiano e limone” sono i due piatti precursori di questo pranzo che si sta già delineando interessante. Nel primo la morbidezza dello gnocco ingolosito dal ripieno di ricotta trova vigore nel limone e la sua acidità mischiandosi poi con la bisque creando un tono agrodolce, ripulito al palato dalla mandorla finale. Nell’altro invece la crema di parmigiano è corposa ma delicata mentre la sapidità del riccio all’interno del pomodoro viene contrastata dalla croccantezza della buccia caramellata.
Stupito dall’equilibrio, trepido in attesa dei primi che.. eccoli arrivare.
Li assaggio, poi li divoro. Uno più classico, ma moderno, “Plin di capriolo, brodo di prugne selvatiche, nocciole e mirtilli alla grappa”, dove il ripieno sapido è corposo e bello consistente. Il fondo di prugna poi… un tocco di classe. L’altra più particolare e ricca di contaminazioni, nientemeno infatti si chiama· “Ricordo di un viaggio Thai“ – Noodles, n’duja lime e cocco. Grazie al sugo saporito, famigliare nel gusto e all’n’duja, i Noodles mi evocano un arrabbiata “orientale” dal sapore quasi romano.
Buono veramente. Che bella cucina. Mi piace trovare piatti diversi, ma mai troppo lontani dal mio gusto tradizionalista. E’ vero sono particolari, gli accostamenti diversi dal solito, ma l’equilibrio è perfetto. Indeciso poi sul secondo, mi rendo conto che non potrei apprezzare i dolci, se mi abbuffo troppo. Così rimando l’assaggio a una nuova visita in futuro, un buon pretesto per tornare.
Passo quindi ai dolci.
Anche qui si può scegliere tra dessert più tradizionali e quelli più moderni. Naturalmente seguo la scia dell’inventiva e scelgo due capolavori di idea e tecnica: Gia’nduja, lamponi e gelato al finocchio, ribattezzato “Primo giorno di lavoro di un operaio calabrese alla FIAT” e “Solo 15 foglie di una millefoglie” con gelato al moscovado.
Due dessert che divertono. Il primo è un peperoncino, solo nell’aspetto, rivestito da una glassa di lampone con un cuore goloso di gianduia e n’duja, che conferisce un tocco leggermente piccante. Accompagnato da un gelato al finocchio che ripulisce con freschezza il palato. Il secondo è molto scenico e colorato, sono 15 foglie croccanti che tra l’alternanza di gusti dolci e salati nascondono un delicato e fresco gelato al moscovado su letto di crumble.
Eccoci quindi a tirar le somme di questo pranzo nella provincia milanese,
mentre assaporiamo le ultime dolcezze che accompagnano il caffè, la piccola pasticceria finale, composta da: Panna cotta all’amaretto, Mela disidratata, Cannoncino alla crema, Meringa alla liquirizia, Fiamma al cioccolato e Bon bon di semifreddo allo zabaione.
Mi alzo e mi dirigo in cucina perché mi sento in dovere di complimentarmi con lo chef Dario e la sua brigata. Scorcio anche la madre Mirella Magenes, dietro le quinte a spadellare. Casualmente questo binomio che mi trovo davanti, è proprio l’emblema della cucina che ho scoperto qui. Una cucina frutto di due visioni, quella tradizionale, il passato che rimane, e quella più innovativa e curiosa, data da Dario e le sue contaminazioni tra viaggi e sperimentazioni. Un’unione di due cucine quindi sotto lo stesso tetto.
Come di consueto segue quella parte più intima della mia degustazione, quella fatta di chiacchiere e risate con lo chef. La famosa oretta passata a disquisire sul mondo della gastronomia con me, in mezzo alle balle in cucina mentre faccio domande e osservo il lavoro della brigata, e lui che si diverte raccontandomi aneddoti passati e obiettivi futuri.
In conclusione vi posso dire però che mi è piaciuto molto, che non mi aspettavo di trovare tanta inventiva in un piccolo paese di campagna e che come sempre viaggiare e assaggiare apre la mente, e allontana i pregiudizi culinari.
Grande Antica Osteria Magenes!