Ristorante D’O di Davide Oldani
Punteggio: 5s / 5
Prezzo (escluso bevande): 180 / 230,00 euro cad.
Degustazioni
Recensione Gennaio 2023
Come direbbe Homer Simpson Doh!
E’ l’esclamazione di stupore che meglio si addice con il gioco di parole del famoso ristorante D’O di Davide Oldani.
Una degustazione inizialmente rallentata da qualche piatto sottotono ma che poi prende vigore e forza, andando a giocare su contrasti acidi e agrodolci, filone conduttore della cucina “POP” dello chef, fondata su equilibri di gusto ben definiti in un’accortezza maniacale tra i dettagli di design circostanti.
Ma iniziamo dal principio…
Era parecchio tempo che non uscivo per provare un 2 stelle, tanto più che da qualche anno volevo provare la cucina di Davide Oldani. Così per festeggiare il mio compleanno, ne ho approfittato per concedermi un pranzo stellare nella provincia milanese. Il Ristorante si trova affacciato sulla piazza pedonale del paese di Cornaredo. Parcheggiato nelle prossimità, arrivi e la scritta D’O ti accompagna all’ingresso, mentre la targa Rossa della Michelin risplende con le due stelle.
Entri, e immediatamente ti trovi immerso nel ritmo del locale.
Mentre vieni accolto dallo staff sorridente, passato l’ingresso, sulla destra l’ampia cucina a vista mostra il lavoro minuzioso e incalzante della brigata. Proseguendo tramite un breve percorso, si arriva al nostro tavolo nella sala principale, una stanza con vista sulla piazza, attraverso un’imponente vetrata che amplifica la percezione dello spazio.
Appena seduti emerge ancor più evidente l’attenzione ai dettagli, sia verso il cliente che nell’arredo. Tutto, come poi scopriremo, è pensato in maniera precisa, dal cucchiaino da caffè forato per mantenere l’aroma, al tavolo in legno con un piano inferiore a quello di servizio dove riporre eventuali oggetti, alla sedia con a fianco un ripiano per la borsa e una vaschetta per le chiavi e il cellulare. Un design brandizzato D’O, ideato dal designer Piero Lissoni e supervisionato e modificato dallo stesso chef Oldani per essere bello ma anche funzionale.
Così, anche in ogni piatto troviamo uno studio del dettaglio, dalla stessa composizione di ingredienti, alla mise en place, con elementi che enfatizzano l’esperienza percettiva. Un locale quindi che rivive lo stile nordeuropeo, tra legno, vetrate e colori tenui, dove lo sfarzo lascia posto all’essenzialità elegante ospitale e accogliente.
Oltre alla sala principale, troviamo una saletta più piccola; lo chef table di fronte la cucina e una zona relax con divanetti in più una taverna al piano inferiore per eventi privati e degustazioni.
Il Menù Armonia
Ci accomodiamo, e decidiamo per una degustazione da 9 portate, più il piatto icona dello chef: la“ Cipolla Caramellata”, extra portata non presente nel menù scelto.
Iniziamo assaggiando l’Amuse Bouche di benvenuto, composto da:
• “Martini cocktail”, ovvero un’oliva ricostruita con burro di cacao contenente all’interno una “goccia” di martini cocktail.
• “Carciofo Aperto”, ossia coni di carciofo ripieni di crema di carciofo e testa di carciofo impanata con pane croccante, presentati all’interno di un simil uovo-carciofo in legno.
• Mini Club Sandwich composto da carne di pollo, polvere di pancetta, lattuga, pomodoro idroponico
• Cavolfiore affumicato con giardiniera di cavolfiore, caviale cristal, tuorlo di uovo di quaglia
Ma non è finita qui…
Viene portata una specie di “Candelina” fatta con olio di estratto di semi di frutta, profumata con rosmarino e addensata con cera d’api. Tolto lo stoppino, si deve spalmare a modi burro, sul pane abbrustolito, dove ritroviamo sale grosso e aglio nero.
Un inizio stuzzicante dove emerge l’estro dello chef fatto di particolari chiari e definiti.
L’Antipasto dedicato Al Carciofo alla Giudia
Seguiti in maniera accorta e rilassante dai ragazzi di sala, proseguiamo con la vera degustazione, partendo dal primo antipasto composto da
“Fiore di carciofo alla Giudia, pecorino romano, maggiorana rappresa e yuzu”.
Una rivisitazione del famoso piatto romano, presentato in maniera armoniosa dall’aspetto di un fiore, dove al centro troviamo la parte morbida ossia il cuore con sopra filamenti di carciofo croccanti, il tutto a contrastare la morbidezza dei “petali” fatti di patate. La presenza dello yuzu e le uova di trota daranno quella nota acido-sapida fondamentale per vivacizzare un piatto elegante ma che senza risulterebbe troppo spento nel gusto.
La famosa Cipolla Caramellata
Proseguiamo quindi con il suo piatto icona:
“Cipolla Caramellata”, salsa di grana padano caldo, crumble di pasta sfoglia (feuilletage), gelato di grana padano.
Un piatto presentato come un dessert a bicchiere, scelta che ad ogni cucchiaiata ne enfatizza i diversi livelli di consistenza e contrasto. Croccante, morbida, dolce e salata, calda e fredda, sono tutte sensazioni differenti ma in uno strepitoso equilibrio tra loro. E’ Straordinario il gioco di temperature che si alternano ai contrasti del crumble e la parte cremosa sul fondo. La cipolla è un boccone dal gusto agrodolce che richiama alla mente il classico fondo ristretto e caramellizzato dei secondi… ma anche un dessert! Alternandosi ai toni sapidi, a volte aromatici, il piatto diventa un susseguirsi di emozioni.
Per la complessità di equilibrio e il gioco di sapori entra quindi di diritto tra i migliori piatti assaggiati!!
L’Ostrica in due preparazioni
Finito il momento di estasi, passiamo ad un altro antipasto:
Ostrica “La perle” Les Parcs de l’imperatrice, tigella, yogurt e acetosella.
Una portata divisa in due preparazioni, dove l’ostrica viene servita cotta con un’infusione di agrumi e alloro presentata dentro una campana trasparente, mentre cruda con il muscolo carnoso servito su una tigella di pane tostato, emulsione di yogurt, acetosella, foglia di mare e grano soffiato. Continuano i giochi di acidità alternati tra i sentori marini dell’ostrica, le consistenze croccanti ed un lieve tono aromatico che permane lungo il palato.
Primo Piatto: Risotto
Da qui come preannunciato, inizia l’escalation di sapori che più ho apprezzato!!
Assaggiamo il primo chiamato “Aperto” composto da capasanta, sogliola, profumo di zenzero e riso Carnaroli, assieme alla cipolla caramellata il piatto a mio avviso più riuscito nella degustazione.
Un piatto ricco di cremosità in chiave spiccatamente acida che riesce però a lasciare nitido la delicatezza degli ingredienti marini come sogliola e capasanta, portando il piatto ad una freschezza immediata. La sapidità è sempre bilanciatissima e la parte acida è coinvolgente, gioca con il palato lasciandolo sempre pulito. A me personalmente ricordava l’acidità cremosa della crème fraîche. In fine altro elemento che dona freschezza è lo spinacio con la sua parte vegetale, dolce-amara che mitiga la parte più acida del risotto.
Il Rombo Chiodato
Passiamo quindi ai secondi, uno di pesce e uno di carne.
Il primo è “Trancio di rombo chiodato, emulsione all’olio extra vergine d’oliva, menta e pastinache.”
Una portata elegante esteticamente e nel gusto, dove l’inebriante profumo anticipa sapori ben definiti e puliti, sempre allineati e mai sovrapposti.
Un Omaggio al compositore Rossini
Il secondo invece è in onore del compositore Rossini e composto in “2 atti”
“Cervo alla Rossini, barbabietola e patata dolce al tartufo nero pregiato” (primo atto), e “Royal di foie gras d’anatra, salsa peperata e cassis” (secondo atto)
La lombata di Cervo manco a dirlo risulta burro. Tenerissima e morbida da sciogliersi in bocca è un’esplosione di sapore grazie al fondo agrodolce ottenuto con tartufo nero e vino rosso, che con il pane sfogliato al miele è la morte sua. Scarpetta che diventa immediata appena lo si assaggia! La barbabietola fondente, fondamentale nel piatto, sgrassa, e dona quell’acidità che riprende il filone conduttore della cucina di Davide, mentre Il raviolo ripieno di patate e funghi risulta invece la parte più morbida e rotonda che controbilancia il tutto.
ll secondo atto invece è centrato sulla parte più dolce con contrasti croccanti (la cialda di patè di foie gras) e gelatinosi che nascondono la cremosità del foie gras con punte acide e a tratti piccanti. Anche qui una leggera parte dolce dettata dal drop di composta di cassis (il liquore ricavato dal ribes nero) allineano i toni dando equilibrio al piatto
The find real one
Prima di passare al dessert, ecco una delle portate più caratteristiche di Oldani, un gioco fatto con il cliente chiamato “The find real one”, tradotto: trova quello vero.
Viene proposto un tris di formaggi all’apparenza tutti veri, ma dove in realtà solo uno è formaggio, mentre gli altri 2 sono ricostruzioni. Presentati su un piatto di design bucato e dalla forma circolare è composto da uno Spicchio di grana, una Ricotta e una Mozzarella.
Qual’è quello vero?
Assaggiandoli si scopre che è la Mozzarella, dalla consistenza morbida e decisa.
Mentre gli altri due sono “Pane cotto al vapore e poi arrostito” (lo spicchio) e “Mousse con melone invernale e verbena” (la ricotta).
Il Dessert agli Agrumi e Pane Perso
Un simpatico intermezzo che diverte e ci porta al round finale, composto da “Agrumi gratinati, pane “perso” e miele di castagno”.
Una simil brioche, messa a bagno e poi arrostita condita con un cremoso di arancio, mapo e mandarino abbinato ad un gelato al miele di castagno. Un gioco finale su consistenze e contrasti perfetti, tra dolce e acido, croccante, morbido e cremoso.
In fine ampiamente sazi ammiriamo con golosità la piccola pasticceria finale, al quale però dobbiamo rinunciare per limite massimo raggiunto!
Questi bon bon di dolcezza comprendevano: “Sfere di limone, cioccolato bianco e pailleté croccante”, ”Arlecchino: Losanghe, paté de fruits alla carota viola, barbabietola, arancia e lime (il piatto e’ dell’artista Vanni Cuoghi), “Tartellette con caramello, frutta secca e scaglie di sale” e “Raviolo dolce al cacao con ganache al cioccolato”.
Il Giudizio Finale
Ed eccoci ai saluti finali, con lo Chef che gira tra i tavoli e verificare che tutto sia andato per il meglio, scambiando due chiacchiere e trattenendosi in qualche confronto. Oldani dimostra non solo grande padronanza della materia prima e tecnica, ma di essere uno chef affabile che trasmette tranquillità ed interessato al confronto.
Una bella esperienza che si conclude con il selfie classico finale.
Qui l’adesivo è stato lasciato moralmente poiché non serviva un ulteriore conferma.
Sembra scontato ma..
Consigliato!
La foto di rito e i saluti finali con lo chef Davide Oldani