Ristorante L’Alchimia
Punteggio: 5 / 5
Prezzo (escluso bevande): 75 / 100,00 euro cad.
Specialità consigliate
In questo momento di blocco ripenso a tante cose, ai piatti assaggiati, ai volti incontrati e ne approfitto per imbastire l’ultima recensione, l’ultima visita fatta prima della pandemia. Ormai sono passati 2 mesi ma specialmente ora che i ristoranti sono chiusi, e il futuro incerto, sento la necessità ancor più di prima di ripensare ai gusti e alle emozioni dei piatti provati. Chissà se tra 1 mese con il via libera ai locali torneremo pian piano alle nostre abitudini.
Era fine febbraio e mi trovavo a Milano, in metro, direzione porta Venezia dove ad attenderci un amico chef già conosciuto da qualche anno, Giuseppe Postorino. Da qualche mese subentrato nella brigata del locale Alchimia, stella Michelin 2020.
Entriamo, il locale mi avvolge nel suo calore, tra legni, mattoni a vista e colori caldi, l’atmosfera è elegante, moderna, in linea con la Milano da bere. Mi accoglie Alberto Tasinato, ex Manager del Seta ora titolare di questo gioiellino.
Come sempre accompagnato dalla moglie, ci accomodiamo. Ma prima di partire con la degustazione scendo nella sala inferiore, adibita a cantina. Una bellissima esposizione attira l’occhio, mostrando dietro una vetrata le molte bottiglie a disposizione del locale.
Mise en place essenziale, direttamente sul tavolo in legno, senza tovaglie.
Prima di iniziare un piccolo benvenuto della cucina composto da Salmone marinato con sesamo bianco e nero, Raviolo liquido di burrata con tacos di barbabietola, Tartelletta con composta di pomodoro, Bao al vapore con bue sfilacciato e granella di pistacchi. Accompagnato da una polenta croccante attira morsi. Queste “raffinatezze“ che nonostante conoscessi Giuseppe e la sua qualità, lasciano sperare a qualcosa in arrivo di ancor più invitante di quanto ricordato. Ed eccolo, Babbà all’acqua di pomodoro, spuma di parmigiana e polvere di cocco.
Ma iniziamo a parlare di piatti, con l’arrivo del primo antipasto:
Ricciola cruda, culatello, pomodorino confit e crema di arachidi. Gioco intrigante tra la delicatezza della ricciola, il sapido del culatello, l’acidità del pomodorino, e la burrosità dell’arachide. Un mix di gusti raffinati. Si passa poi al secondo antipasto portato da Giuseppe in persona, un trionfo di golosità, che aumenta la salivazione durante il completamento del piatto: Zucca arrostita, crema di carote, castagne e fonduta di Castelmagno, versato quest’ultimo alla fine, nel mezzo del piatto. Bello, gudurioso, da grande soddisfazione. Tagliare la zucca e vedere la cremosità del Castelmagno inondare come un fiume in piena il piatto crea dipendenza per una scarpetta immediata.
Non consapevoli arriva il piatto maestro, la punta di diamante, a mio avviso il risotto alla milanese più buono mai provato: Risotto Milano – Langhe. Un Risotto alla milanese dal giallo intenso, ipnotico, dalla corposità densa e cremosa, completato con tartare di Fassona al centro, polvere di nocciole e il suo fondo versato sopra.
Un piatto dai sapori conosciuti, di domeniche in famiglia. Non riesco a spiegarvi la mantecatura perfetta, la libidine di provare al palato la scioglievolezza di un piatto così. Il sentore tostato della nocciola e il retrogusto del fondo quasi dolce, mettono in tilt le papille gustative. Buonissimo. Da 10.
Mentre io e mia moglie come sempre ci scambiamo occhiate fulminee che non lasciano dubbi alla bontà dei piatti, arrivano in sequenza tre portate che vanno a comporre “i secondi“. Si inizia con due piatti di pesce, Noci di capesante alla plancia, puntarelle in ceviche e panizza fritta e l’altro composto da Morone, olio alle mandorle, cime di rapa, topinambur cotto al sale, le sue chips e polvere di pane. Mentre il terzo piatto è di carne e composto da Pancia di maiale fondente, ananas caramellato alla senape e broccolo fiolaro.
Anche in queste portate c’è sempre un gioco diretto tra gusto e vista, con colori che invogliano all’assaggio. Un saliscendi di contrasti, consistenze che divertono, stimolano, altalenandosi con toni amari, piccanti, ed elementi che all’apparenza sembrano di contorno ma che invece nell’insieme diventano fondamentali.
Infine la parte più dolce, quella dove emerge la golosità nascosta di ognuno di noi.
Un pre dessert composto da Crema di yogurt al frutto della passione, crumble di pane e pistacchi salati fa da preludio al più classico dei dolci.
Il Tiramisù “Alchimia“ in veste scenografica, come piace a Giuseppe, è composto da una sfera cioccolatosa con al suo interno una mousse al cioccolato e crema al mascarpone, poi daquiose al caffè e terra di cioccolato. La sfera viene fatta cadere al centro del piatto lasciando che il mascarpone fuoriesca invogliando chi lo guarda al colpo di cucchiaio.
A questo punto, arriva la carrellata che compone la Piccola Pasticceria: Gelè all’Arancia amara, Giandujotto , Bacio di dama al dulce de leche , Macaron alla vaniglia e ganache agli agrumi, Il “Ciocorì” come una volta con cioccolato bianco e riso soffiato. Ma il pranzo sostanzioso ha prevalso sull’occhio goloso, quindi abbiamo dato forfait.
Lo chef si siede con noi e tra un ottimo bicchiere di Grappa Castagner e due chiacchiere concludiamo in maniera perfetta la visita Milanese.
Ecco, ricordando tutto questo mangiare, ciò che mi manca di più è invece stare assieme a fine pranzo, seduti ad un tavolo dando pareri, e disquisendo sul mondo d’oggi tra battute e sfottò. Mi manca questo della nostra libertà d’azione, la voglia di socializzare, il mio modo di conservare le esperienze associando gusti a volti, piatti a sensazioni.
Ogni storia è a se, ma ogni pranzo o cena vive in me con ricordi che non si legano solo al puro gusto di mangiare “bene“, ma da un filo conduttore che richiama facce e storie personali
Guarda il video con lo Chef Giuseppe Postorino