Palazzo Petrucci
Punteggio: 5s / 5
Prezzo (escluso bevande): 80 / 150,00 euro cad.
Specialità consigliate
“Napule è mille culure”
inizia così una famosissima canzone di Pino Daniele, fino ad oggi sempre sentita e mai capita nel profondo. Ormai da mesi sono tornato nella mia città ma ripensando al viaggio fatto a Napoli, riemerge inevitabile una sorta di malinconia, perchè proprio come dice il cantautore, Napoli è vita, colori, paure ma tanto calore e umanità.
Forse non tutti sanno che quest’estate decisi di approfittare del mio viaggio di nozze per creare una sorta di percorso gastronomico a Napoli e Provincia.
Tra le varie tappe che mi ero prefissato, su consiglio di amici chef ma anche spinto dalla mia curiosità, tra babbà e pizzerie varie c’era la voglia di provare lo stellato di Napoli, Palazzo Petrucci. Un locale da poco inaugurato sul lungo mare di Posillipo. Elegante e raffinato sorge sulla spiaggia che porta al meraviglioso Palazzo Donn’Anna.
La struttura si divide in 3 aree, ristorante, sala eventi con cantina e area lounge bar, chiamata Il Malandrino, dove ci soffermiamo prima di scendere a cena. Qui incontriamo lo chef, che tra un finger food di benvenuto e l’altro ci spiega la filosofia di cucina che andremo a gustare al piano inferiore.
Guarda il video fatto al ristorante con lo chef stellato Lino Scarallo
I finger food erano composti da: Montanarina fritta avvolta da fiore di zucca cristallizzata con all’interno latte di bufala, Tartelletta con gelatina di pomodoro, Panino a vapore con astice, porchetta, provola, Croissant alla Nerano, Spugna al basilico con cetriolo marinato, alici e caviale di mujiol.
E già da questi piccoli indizi inizio a capire che la cena sarà nelle mie corde.
Scendiamo al ristorante e ci accomodiamo.
Il locale così come tutta la struttura rispecchia un mood moderno, chic ed elegante.
Sicuramente la vista del golfo di Napoli attraverso le grandi finestre contribuisce a dargli un tono magico, specialmente al calar del sole, quando il tramonto si fonde con l’acqua e la luna si riflette sulle onde. Un luogo incantevole dove cenare ammirando il mare.
Affascinati dal contesto ci lasciamo trasportare in una degustazione a mano libera dello chef Lino Scarallo, che ci porta a viaggiare nella cucina più tradizionale ma dal tocco sublime ed elaborato, senza mai lasciare quella golosità tipicamente mediterranea.
Iniziamo con l’antipasto suddiviso in tre portate.
La prima è una Lasagna di mare, composta da mozzarella di bufala del Casertano, gambero crudo di Mazara del Vallo, crema fiori di zucca, germogli di alfa alfa e piselli. Immediato nella sua freschezza, dal gioco continuo di sapidità e dolcezza tra la bufala e il crudo di gamberi.
Segue, Tagliolino di calamaro, crumble di alghe marine, aglio, olio e vongole veraci e Roll di salsiccia, friarielli e provola. Mentre il primo è più delicato il secondo è uno schiaffo di contrasti sia in consistenze che sapori. Si passa dall’amaro dei friarielli alla saporosità di provola e salsiccia. Tutto sempre e comunque seguendo un filo conduttore che riporta il palato a ritrovare l’equilibrio ad ogni boccone. Ed infine Triglia laccata alla soia, cous cous di broccoli e papaccelli, ovvero peperoni in agrodolce.
Piatti che vedremo poi fino alla fine con il dessert perfetti nella loro eleganza.
Passiamo poi ai primi,
con un Raviolo di pasta fresca, ripieno di latte da bufala, mousse di scarpariello, julienne di peperoni verdi e uno Spaghettone di Gerardo di Nola mantecato con un centrifugato di rucola, ricci di mare freschi, teste di rafano.
La prima portata è un’elogio alla tavola in famiglia, freschezza, acidità dolcezza del pomodoro. Ti riporta alla mente il sugo di casa, il calore della famiglia. La seconda è un gioco ancora una volta di toni amari e sapidi, intervallati dallo spaghettone al dente che aumenta la salivazione per bontà e consistenza.
A metà del percorso ecco il secondo, con un’altra portata di pesce:
Filetto di dentice reale, caponata di melanzane, estratto di olive verdi e riduzione di acqua pazza.
Piatti che rispecchiano ancora una volta le tradizioni campane, con una qualità della materia prima indiscussa ma altrettanto lavorata in maniera perfetta, così da lasciare un’impronta indelebile in chi l’assaggia e che si equivalgono ancora per linearità del gusto. Rispetto il tono più agrodolce della triglia laccata, assaggiata a inizio degustazione, in questa portata di pesce prevale la tenera consistenza del dentice dalla pelle croccante.
Pur scrivendo a distanza di un mese abbondante ho ancora vivo i sapori nella memoria. E credo sia questo il valore, la carta vincente di certi posti.
Ed eccoci quindi al pre dessert, preludio del dolce che verrà.
Un divertente Chupa chupa di cioccolato con cuore di passion fruit da mangiare in un solo boccone.
Il gran finale è composto da un classico dolce napoletano ma rielaborato secondo l’estro dello chef: Stratificazione di pastiera napoletana, ovvero la pastiera in tre strati di differenti consistenze. Alla base crumble di pastafrolla, in mezzo grano cotto nel latte, in cima zabaione con ricotta.
La fine di una degustazione da applausi. Il mio sorriso stampato credo rendesse l’idea della mia felicità.
Un contesto non solo vissuto con grande soddisfazione per le portate ma anche per la grande professionalità e attenzione dello staff, per la simpatia dello chef e il fare elegante ma mai troppo austero dei ragazzi di sala.
Ne rimango piacevolmente entusiasta e sul finire della serata mi intrattengo con lo chef per dialogare sui piatti e sulla sua carriera.
Grazie Lino sei stato una grande scoperta per me nonostante tu sia già un professionista acclamato e benvoluto da tutti i tuoi colleghi. Napoli è stato anche questo, e ricorderò Palazzo Petrucci per le sensazioni vissute.