Ristorante Perbellini
Punteggio: 5 / 5
Prezzo (escluso bevande): 50 / 80,00 euro cad.
Specialità consigliate
Nella bassa veronese, accanto all’uscita di Isola Rizza sulla Transpolesana, adiacente alla rinomata Offelleria Perbellini, si erge, in un anonimo cubo di cemento l’omonimo Ristorante.
Il ristorante, non solo è riuscito a sopravvivere all’abbandono del suo originario patron Giancarlo Perbellini, ma anzi, sotto la guida del giovane chef Francesco Baldissarutti, classe 1982, già sous-chef di Giancarlo Perbellini, dal 2016 vanta la prestigiosa Stella. La cosa che immediatamente colpisce l’avventore è lo stacco tra l’ambiente esterno e quello interno: all’esterno, freddo cemento immerso nella nebbia della bassa veronese, e all’interno un locale che emana un calore di classe, forse un po’ di altri tempi, dove la patron Paola Secchi accoglie i propri clienti.
La mise en place
rispecchia molto lo stile dell’ambiente con la presenza di tovagliati molto ampi ed argenti in tavola, ma nel complesso, anche grazie ad un approccio formale ma non ingessato, non si viene a creare alcuna sensazione di soggezione.
In compagnia di un ottimo gin tonic leggermente aromatizzato al sambuco, arriva il menù che, oltre alla normale proposta alla carta, prevede ben 5 possibilità di menù degustazioni dalle complessità via via crescenti (breve, tradizione, senza pensarci, preludio e assolo); ovviamente, anche in questo caso, si è scelto il menù più complesso, ossia assolo, per poter saggiare senza mezzi termini l’espressione più profonda dello Chef e della sua brigata.
Appena presa la comanda, fanno il loro ingresso, rigorosamente portati su un vassoio d’argento, dei piccoli e stuzzicanti amuse-bouche (cialde di patate e crauti; grissino di canapa e cardamomo nero; cialda di sorgo, burro affumicato e uova di trota; finto macaron ai funghi secchi; tartelletta con gallina mantecata e gelatina all’aceto; spugnette di cappuccio rosso, mascarpone e tartufo nero) seguiti da un piacevole finale vegetariano a base di broccolo fiolaro, chips di scorzanera, formaggio caprino e olio all’eucalipto che, seppur senza strabiliare, risulta essere molto piacevole al palato per via dell’equilibrio tra consistenze e sapori; forse per via della presenza dell’olio all’eucalipto ci si attendeva un finale leggermente più balsamico e fresco che, al contrario, non è arrivato.
La cena vera e propria, ben propiziata dai precedenti assaggi, inizia col botto con lo scampo marinato e brodo di pollo allo spiedo, ossia un piatto che in bocca si evolve in una spettacolare sequenza di sapori: all’inizio, il palato viene pervaso dalle note grasse (non invadenti) e leggermente affumicate del brodo di pollo arrosto che, immediatamente, scompaiono per lasciare il posto alla dolcezza persistente e lievemente agrumata dello scampo marinato che, in chiusura, riesce a lasciare una spettacolare sensazione di freschezza…
Per dirla in una parola soltanto, wow!
Arriva, quindi, un piccolo fuori programma offerto dalla cucina, ossia un kebab vegetariano di sedano rapa, latte di kefir e tartufo nero che, purtroppo, al di là dell’eccellenza delle materie prime e della particolare modalità di cottura del sedano rapa, ossia allo spiedo proprio come se fosse un kebab, non appare essere particolarmente stimolante nei sapori.
Dopo questa leggera discesa, complice probabilmente anche la partenza folgorante, la cena ritorna immediatamente ad un eccellente livello con le cappesante e grancevola su terra di nocciole, peperoni, scarola, aceto di agrumi e oxalis, ossia un piatto oggettivamente complesso per via del numero di ingredienti; la bravura dello Chef è, comunque, riuscita a far sì che fosse possibile, forse con la sola eccezione della grancevola, distinguere al palato le singole componenti in maniera abbastanza precisa.
Tuttavia, nonostante il grande equilibrio dei sapori e delle consistenze, il piatto non è riuscito al lasciare nella mente e nella bocca un ricordo di sé stesso che andasse oltre il grande valore delle materie prime.
Ad introdurre la sezione dei primi arriva un piacevole risotto mantecato alle patate con gamberi gobetti, tagete e mano di Buddha che, seppur non porti alle più alte vette del piacere gastronomico, grazie alle note leggermente orientaleggianti e agrumate (la mano di Buddha, infatti, un particolare tipo di cedro) riesce a lasciare il palato pulito e fresco dopo ogni forchettata, invogliando così a finire con cupidigia il piatto nonostante l’abbondante, ma non invadente presenza di amidi.
Subito, a seguire, una curiosità
Ovviamente in senso positivo, arriva un curioso tortello “pensando al bollito” con gallina grisa della Lessinia. Generalmente, quando si pensa al tortello, subito salta alla mente l’immagine della pasta fresca ripiena di farcia.
In questo caso, invece, il ripieno è all’esterno, sopra al tortello, e all’interno del tortello c’è un ottimo brodo liquido che fuoriesce non appena si taglia la pasta sfoglia.
Il giusto spessore del velo di pasta, le note piccanti del rafano fresco grattugiato che contrastano il grasso del brodo, il brodo in contrasto con la consistenza della carne bollita, fanno sì che un normale piatto della tradizione possa diventare un bel piatto gourmand che, tuttavia, non riesce a trasmettere quella sensazione necessaria per poter dire di essere arrivati a toccare la vetta, fermandosi un gradino prima, insomma, ad un “quasi” wow.
Nel cervo allo spiedo con pistacchi, carciofi, papacelle e dragoncello, al di là della magistrale cottura della carne (l’utilizzo dello spiedo è un fil rouge dello Chef), stupisce la grande delicatezza e la dolcezza del peperone napoletano, in antitesi con il sapore importante della cacciagione; rimane, forse, un po’ troppo in secondo piano il pistacchio, ma nel complesso risulta, comunque, essere un gran piatto anche se non da estasi.
Dopo un superbo secondo
Dopo un secondo eccezionale la cena volge al suo epilogo con un prezioso gelato al marron glacé, crumble salato al cioccolato, tartufo e oro, che fa da apripista all’ultima portata della serata ossia, castagne e cioccolato con salsa al melograno e gelato pralinato alle nocciole che, purtroppo, se confrontato delle altre portate, pur essendo oggettivamente perfetto, non rappresenta un piatto particolarmente innovativo.
La serata volge al termine
Tirando le fila della serata, non si può che concludere evidenziando che, com’era lecito aspettarsi, si tratti indubbiamente di una cucina di alto livello che, forse, in qualche portata potrebbe essere semplificata, senza pregiudizio al gusto, riducendo il numero di ingredienti.
Merita invece un grandissimo plauso la politica della Patron del ristorante di voler mantenere, nonostante una cucina stellata, un profilo di prezzi sicuramente molto inferiore rispetto agli altri stellati: la possibilità di affrontare un percorso di degustazione con 75,00 euro a persona è sicuramente una scelta contro corrente, ma certamente da lodare soprattutto laddove si osservi che anche la carta vini, leggendola attentamente, consente di bere ottime bottiglie senza dover spendere un occhio della testa.
Recensore katsuobushi (Delegato Simon’s Food)